Come prevenire le dimissioni e gestire il turnover . Attrarre e mantenere i talenti

Gestire il turnover e prevenire le dimissioni: come mantenere i talenti (e attrarne di nuovi)

Prevenire le dimissioni, ossia essere capaci di gestire efficacemente il turnover, è un fattore critico per mantenere i talenti e attrarne di nuovi.

Tempo di lettura: 8 minuti.

I costi associati al turnover dei collaboratori, come il reclutamento, la formazione e l’addestramento, possono incidere pesantemente sia sull’economia che sulla salute generale di un’azienda.

È fondamentale mettere in campo una politica attenta di retention del personale che si concentri sulle esigenze attuali e gli obiettivi futuri dell’azienda. Questa strategia deve essere progettata per garantire il coinvolgimento, la partecipazione, la crescita e la fidelizzazione dei collaboratori.

Con un efficace piano strategico, le organizzazioni possono ridurre i costi associati al turnover, prevenire le dimissioni patologiche e garantire la longevità aziendale.

Alcuni dati aggiornati sul turnover in Italia

Il turnover è un fenomeno sempre più diffuso in molte organizzazioni, ed è aumentato negli ultimi anni, con 1,6 milioni di dimissioni in 9 mesi nell’ultimo anno. Questo fenomeno ha conseguenze significative per le aziende, sia a livello economico che operativo.

Prevenire le dimissioni oggi diventa una priorità strategica per le aziende perché il rischio che si corre, se l’aumento del turnover non viene gestito attraverso adeguate politiche del personale, è quello di veder ‘scappare’ dall’azienda anche i lavoratori più qualificati, generando una pericolosa perdita di valore del capitale umano.

Che cos’è il turnover?

cos'è il turnover?

Il turnover fisiologico è rappresentato da un livello normale di rotazione dei dipendenti all’interno di un’azienda, a seguito di assunzioni, licenziamenti e pensionamenti.

Quando il turnover raggiunge livelli troppo alti, viene definito “patologico” e rientra tra gli eventi sentinella nella valutazione del rischio stress lavoro correlato, cosi come definiti dall’INAIL perché segnalano il potenziale rischio stress lavoro correlato. Infatti il suo impatto sull’organizzazione aziendale è davvero rilevante.

Come fare allora a mantenere un livello “fisiologico” di turnover?

Davvero assicurare ai propri collaboratori una maggiore flessibilità, partecipazione, coinvolgimento e tener conto delle loro esigenze, potrebbe fare la differenza?

Proviamo a capire meglio…

Quali sono le cause del turnover aziendale?

cause del turnover

Generalmente si sceglie di lasciare la propria azienda per allontanarsi da situazioni spiacevoli e/o cercare condizioni migliori. Per cui sono varie le motivazioni che possono contribuire al turnover, ad esempio:

  • una inefficace organizzazione e gestione delle risorse umane,
  • l’assenza di riconoscimenti e valorizzazioni da parte dell’azienda,
  • un ambiente fortemente stressogeno

alla ricerca di:

  • benefici economici,
  • flessibilità dell’orario di lavoro,
  • opportunità di crescita e carriera professionale,
  • migliori condizioni di salute fisica e psicologica.

L’elevato tasso di turnover dovuto a dimissioni volontarie è spesso causato, dunque, dalla mancanza di supporto, comunicazione, diffusione e allineamento alla cultura aziendale. Molti lavoratori si sentono intrappolati in lavori che non offrono opportunità di crescita e di progresso, e cercano opportunità migliori altrove. Le persone vogliono sentirsi valorizzate e avere prospettive di carriera all’interno dell’azienda e soprattutto, trovare un maggiore equilibrio tra vita lavorativa e privata.

Qual è la motivazione per le dimissioni più preoccupante?

Da una ricerca pubblicata a maggio 2022 dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, emerge che l’aspetto più critico delle grandi dimissioni riguarda la sfera psicologica: 4 su 10 persone dichiarano di essersi assentate per malessere emotivo. Purtroppo, ancora poche aziende considerano il malessere come potenzialmente rischioso: basti pensare che le quotidiane preoccupazioni possono determinare insonnia e/o difficoltà a dormire adeguatamente, con conseguente perdita di concentrazione, efficienza e produttività lavorativa durante il giorno.

Sicuramente la pandemia ha avuto un ruolo importante nell’aumento del turnover: il lavoro da casa ha richiesto nuove modalità di adattamento, la ricerca di nuovi equilibri e, spesso, ha generato maggiore stress e insoddisfazione.

Se mettiamo insieme una gestione insufficiente delle risorse umane, una mancanza di comunicazione efficace e una scarsa attenzione alla salute psicologica e fisica dei dipendenti, il rischio è che i livelli di insoddisfazione possano aumentare così come la ricerca di altre occupazioni, in linea con le proprie esigenze.

Quali costi paga l’azienda per il turnover?

I costi del turnover

I costi associati alla sostituzione di un collaboratore possono essere significativi, anche a livello temporale:

  • perdita di know how e storico delle relazioni instaurate con clienti, fornitori e partner
  • ricerca e selezione di nuovi profili
  • passaggio di consegne ai diversi interlocutori
  • formazione e addestramento on the job
  • tempo necessario affinché la nuova risorsa diventi effettivamente produttiva.

Questo può rendere difficile per le aziende portare avanti un’organizzazione mantenendo una continua crescita.

È necessario anche capire quale sia il suo impatto nei diversi uffici, reparti e divisioni dell’organizzazione (nell’area delle risorse umane, dell’amministrazione, nel customer service, relazioni con fornitori e clienti). Quanto può essere completo il passaggio di consegne con tutte le figure aziendali con cui ci si interfaccia? Quante informazioni fondamentali si perdono con l’uscita di un collaboratore? E inoltre, quali disagi causa la mancanza di continuità per clienti, fornitori e partner?

Quali sono gli effetti e le conseguenze del turnover?

Le dimissioni, soprattutto quando coinvolgono più persone, influenzano inconfutabilmente i colleghi e il clima aziendale, con una notevole perdita di engagement.

I collaboratori che lasciano l’azienda possono sperimentare una serie di conseguenze negative, tra cui stress, ansia. Spesso non hanno ancora cercato un’altra collocazione e possono avere difficoltà a trovare un nuovo lavoro.

Non solo, le dimissioni comportano anche la perdita e/o la continuità di legami significativi instaurati con i colleghi. Chi rimane in azienda, può provare senso di abbandono, tradimento, sconforto e tristezza, con una riduzione conseguente di produttività. Oppure si può sentire sopraffatto dalle responsabilità e mansioni aggiuntive, o insicuro riguardo al suo futuro all’interno di quell’azienda.

Il turnover patologico, inoltre, non ha effetti negativi solo all’interno, ma anche fuori,  sull’immagine e reputazione aziendale, in quanto può essere percepito come un segno di instabilità e disorganizzazione, può disorientare potenziali nuovi clienti e corrodere quote di mercato.

Qual è l’impatto di una o più dimissioni volontarie?

Quando un dipendente viene sostituito, le organizzazioni devono considerare i vari costi per la perdita di produttività e legati ai processi di selezione e assunzione, formazione e addestramento.

Forse bisognerebbe valutare un aumento delle retribuzioni per attirare i migliori talenti? Naturalmente queste porterebbe ad un impatto significativo sulla salute finanziaria dell’azienda e spesso i CCNL diventano un alibi per giustificare salari poco congrui rispetto alle competenze, alle mansioni e ai livelli di responsabilità.

Calcolare quanto costa effettivamente il turnover risulta difficile. Vediamo quali sono i fattori determinanti per valutare e misurarne un costo approssimativo.

  • Gestione dell’immediato: redistribuire il carico di lavoro del dimissionario agli altri collaboratori, a volte è necessario prevedere degli straordinari. Altre volte è necessaria una temporanea modifica dell’organigramma
  • L’investimento di tempo per la ricerca del personale da assumere: a volte viene fatto internamente, altre volte viene incaricata una società esterna
  • Il costo dell’intero processo di assunzione: eventuali annunci di lavoro su siti a pagamento, delle agenzie alle quali ci si appoggia, screening dei cv, colloqui conoscitivi, con tempistiche spesso non prevedibili. Negli ultimi periodi si verifica spesso che i candidati selezionati poi ritirino la loro disponibilità, dopo aver già accettato l’incarico, e si riparte da zero
  • Gestione amministrativa del nuovo assunto, con visita medica e burocrazia correlata
  • Processo di on-boarding (non tutte le aziende ne hanno uno ben strutturato)
  • Livelli di produttività progressivi: quanto tempo sarà necessario al nuovo collaboratore assunto per arrivare a regime e alla stesso livello di performance dei colleghi con la stessa mansione?
  • Investimento relativo alla formazione e all’addestramento.

Da dove partire per costruire strategie di retention efficaci?

Cosa fare per prevenire le dimissioni

Per gestire efficacemente il turnover e prevenire le dimissioni, le organizzazioni dovrebbero:

–        Valutare lo stato attuale dell’azienda: è necessario partire da una valutazione del clima aziendale per comprendere i livelli di salute organizzativa e il potenziale di sviluppo e crescita, identificare i punti di forza e di debolezza dell’organizzazione cosi da considerare le aree di opportunità e dare priorità alle esigenze dell’organizzazione.

–        Valutare le esigenze dei dipendenti: tramite colloqui individuali o questionari mirati, somministrati preferibilmente da uno specialista. Queste indagini sono efficaci per rilevare i livelli motivazionali e di soddisfazione dei collaboratori, identificare eventuali criticità diffuse o circoscritte, per poterle risolvere e/o prevenire.

Dopo aver analizzato lo stato attuale dell’organizzazione e aver compreso le esigenze dei dipendenti, si può creare una strategia funzionale a soddisfare le esigenze del personale, dell’organizzazione e del mercato di riferimento, attraverso un’adeguata gestione delle risorse umane, che può includere la valutazione (anche bottom up sui responsabili) e valorizzazione delle prestazioni, processi di mobilità interna in base alla tavole di rimpiazzo, piani di crescita e sviluppo, ecc.

Strategie per gestire il turnover e prevenire le dimissioni: garantire il coinvolgimento e la fidelizzazione dei propri collaboratori

Una delle strategie più efficaci è quella di creare un ambiente di lavoro positivo e soddisfacente. Questo può includere la possibilità di partecipare ai processi decisionali che ricadono in maniera diretta sul proprio ruolo, maggiore equilibrio tra lavoro e vita privata e l’attenzione alla salute psicologica e fisica dei collaboratori. Ma non solo.

Le politiche di retention consentono di attrarre e trattenere i migliori talenti garantendo il coinvolgimento, la crescita e la realizzazione di sé, oltre che la longevità e prosperità aziendale.

L’implementazione di politiche di flessibilità e welfare non sono solo delle prassi alle quali adempire per creare un ambiente di lavoro attraente, sano e collaborativo ma sono diventate essenziali, quasi cruciali, scelte strategiche.

Se in azienda non ci sono le competenza e l’esperienza per prevenire le dimissioni e strutturare politiche di retention?

Il turnover e le dimissioni volontarie sono un fenomeno oggi molto diffuso nelle aziende e ha conseguenze significative sia per le organizzazioni, che per i collaboratori e il mercato di riferimento. Per questo le aziende devono essere consapevoli delle cause e degli effetti delle dimissioni e adottare misure per gestirle efficacemente.

Che sia positivo o negativo, involontario, volontario, il turnover dei collaboratori è comunque dispendioso sotto vari punti di vista. Inoltre altera le dinamiche dell’ambiente di lavoro e influisce sulle relazioni interpersonali.

Tuttavia oltre la metà delle dimissioni volontarie potrebbero essere prevenute ed evitate.

Se all’interno dell’azienda non ci sono le competenze e l’esperienza per poter affrontare la situazione, meglio rivolgersi a uno psicologo del lavoro, che può proporre:

  • Un’analisi iniziale di clima organizzativo
  • Sessioni di coinvolgimento alla cultura aziendale
  • Supporto per la gestione delle risorse umane e ottimizzazione dei processi
  • Modelli per la valorizzazione delle performance
  • Programmi di sviluppo motivazionale
  • Progetti di conciliazione vita-lavoro
  • Dispositivi per garantire la salute psicologica dei collaboratori.

Questo richiede alle aziende una profonda apertura ai cambiamenti, un allineamento alle richieste del mercato e del personale, per poter creare ed evolvere un ambiente lavorativo dinamico e soddisfacente. In questo modo, le aziende possono migliorare la retention e l’engagement dei collaboratori, prevenire il turnover patologico, aumentare la produttività, la competitività e la longevità.

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